Coro della Cattedrale di Alife
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La sequenza

L'ipotesi più attendibile circa la nascita a della sequenza è da ricercarsi nella tecnica di sostituire, sia per ragioni mnemoniche sia per ragioni di sensibilità liturgica, allo iubilus* cantato sulla vocale a, altrettante sillabe e parole.
Era una composizione che richiamava i temi della festa e rievocava poeticamente i misteri del Signore o narrava le vite dei santi.
La produzione di tali sequenze diventò col tempo eccessiva, inducendo il concilio di Trento a intervenire drasticamente: infatti nel Messale edito dal Concilio vi entrarono soltanto quattro composizioni (Victimae Pascali, Veni Sancte Spiritus, Lauda Sion, Dies lrae). Benedetto XIII nel 1727ne aggiunse una quinta, lo Stabat Mater.
Il Messale Romano prevede I'esecuzione per intero soltanto delle due sequenze di Pasqua e Pentecoste.
Del Lauda Sion, si canta soltanto l'ultima sezione (Ecce panis Angelorum). il Dies lrae si trova come inno ad libitum nella liturgia delle Ore. Lo Stabat Mater lo si trova ad libitum nella memoria del 15 settembre.

Oggi come fare? Come eseguirle?
Una prima proposta potrebbe essere di eseguirle così come la tradizione ce le ha tramandate, con la loro musica originale, latino-gregoriana. Diventerebbero un segnale di gioia e di festa. Non è serio realizzarle con una lettura prosaica e banale.
Una seconda proposta potrebbe essere quella di comporre nuove musiche da affidare alla sola schola o eventualmente affidando all'assemblea dei piccoli interventi.
Ne verrebbe fuori una piccola cantata, un cantorito che solennizza le poche festività sopra citate.

 (Antonio Parisi, in "Lodate Dio nel suo santuario", Stilo Editrice, 2007, pp. 74-75)

(*) Iubilus (o Iubilatio): Nel canto liturgico latino è il melisma svolto sull'ultima a dell'Alleluia. Per melisma si intende invece, nella musica vocale, un gruppo di note di passaggio, di solito intonate su una sola sillaba, che collegano due note reali della melodia. (Fonte: Treccani.it)
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