Compiti di un coro liturgico (di Antonio Parisi)
Un coro liturgico è a servizio del rito.
Nella scelta dei canti o di un repertorio, occorre innanzitutto tenere presente il rito. Il rito della messa, rinnovato dal Vaticano II, esige varie forme musicali: dalle acclamazioni alle invocazioni, ai canti rituali, alle litanie, agli inni. L'errore da evitare è quello dr adattare il rito a forme musicali preesistenti e scritte per riti completamente diversi da quelli attuali. Perciò la prima preoccupazione da avere è il rispetto profondo del rito, non per cadere di nuovo in un vuoto ritualismo, ma per ricrearlo e attualizzarlo nell'oggi del credente.
Rispettare il rito, allora, vorrà dire porre attenzione alle varie forme musicali, rendendole vere nella loro esecutività: I'acclamazione deve essere tale, una litania deve obbedire alla sua funzione impetrativa, il Kyrie eleison non può essere un mottetto. Anche la durata di tali brani dovrà rispettare il rito nel suo svolgimento: un Gloria non potrà durare dieci minuti; un Alleluia dovrà accompagnare la processione dell'Evangelario.
Un coro liturgico è a servizio dell'assemblea.
È l'altra scoperta operata dalla riforma liturgica: il popolo radunato dei credenti è il vero soggetto celebrante. Pertanto i canti, gli strumenti, i gesti, le forme, i testi, I'omelia, le monizioni, tutto va eseguito nel rispetto dell'assemblea. Mi piace anche citare la nota pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia sull'adeguamento de1le chiese (1966) al n.21:
Nella scelta dei canti o di un repertorio, occorre innanzitutto tenere presente il rito. Il rito della messa, rinnovato dal Vaticano II, esige varie forme musicali: dalle acclamazioni alle invocazioni, ai canti rituali, alle litanie, agli inni. L'errore da evitare è quello dr adattare il rito a forme musicali preesistenti e scritte per riti completamente diversi da quelli attuali. Perciò la prima preoccupazione da avere è il rispetto profondo del rito, non per cadere di nuovo in un vuoto ritualismo, ma per ricrearlo e attualizzarlo nell'oggi del credente.
Rispettare il rito, allora, vorrà dire porre attenzione alle varie forme musicali, rendendole vere nella loro esecutività: I'acclamazione deve essere tale, una litania deve obbedire alla sua funzione impetrativa, il Kyrie eleison non può essere un mottetto. Anche la durata di tali brani dovrà rispettare il rito nel suo svolgimento: un Gloria non potrà durare dieci minuti; un Alleluia dovrà accompagnare la processione dell'Evangelario.
Un coro liturgico è a servizio dell'assemblea.
È l'altra scoperta operata dalla riforma liturgica: il popolo radunato dei credenti è il vero soggetto celebrante. Pertanto i canti, gli strumenti, i gesti, le forme, i testi, I'omelia, le monizioni, tutto va eseguito nel rispetto dell'assemblea. Mi piace anche citare la nota pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia sull'adeguamento de1le chiese (1966) al n.21:
Il coro è parte integrante dell'assemblea e deve essere collocato nell'aula tra il presbiterio e l'assemblea; in ogni caso la posizione del coro deve essere tale da consentire ai suoi membri di partecipare alle azioni liturgiche e di guidare il canto dell'assemblea. È bene prevedere anche un luogo specifico per l'animatore dei canti dell'assemblea.
Un'assemblea, è bene affermarlo subito, non ipotetica o ideale, ma presente qui, oggi, davanti a me, con i suoi condizionamenti i suoi limiti, i suoi gusti, con la sua preparazione attuale.
L'assemblea va educata, preparata e seguita; ha i suoi tempi di cammino e di maturazione cristiana e musicale: bisogna tenerne debito conto e mettere in atto una sana pedagogia della gradualità.
Quale è dunque il vero compito di un coro liturgico? Introdurre, sostenere, alternare e animare il canto di tutta I'assemblea.
È il primo compito fondamentale: il coro fornisce un aiuto a livello ritmico e melodico, offre sicurezza e precisione esecutiva. Gli esempi sono numerosi riguardo a tale collaborazione . Penso subito alla grande acclamazione del Santo, che costituisce la conclusione del Prefazio; il sacerdote invita i fedeli «insieme», «a una sola voce» e tutta l'assemblea acclama il Dio tre volte santo. Un unisono di coro e assemblea costituiscono la formula più adeguata e vera per realizzare tale acclamazione. Una eventuale armonizzazione polifonica del coro non dovrà diventare una minaccia per la melodia fondamentale dell'assemblea. Lo stesso avviene per il Padre nostro: non è pensabile che se ne appropri il coro, zittendo I'assemblea, con la motivazione di realizzare un pezzo polifonico d'autore.
In altri casi, la forma più semplice sarà quella del dialogo e dell'alternanza. Per esempio, nel caso del Signore pietà o dell'Agnello di Dio: il popolo risponderà benissimo alla proposta del coro o del solista.
Altro modo di far intervenire I'assemblea riguarda i canti formati da strofa e ritornello: la strofa può benissimo essere eseguita polifonicamente dal coro, mentre l'assemblea risponde col ritornello all'unisono o arricchito da altre voci se il canto è conosciuto bene e non crea alcun problema esecutivo alla stessa assemblea.
Arricchire il canto del'assemblea, intervenendo a più voci, può essere un modo per rendere sempre nuovi e interessanti alcuni canti che altrimenti sarebbero scontati o usuali. È anche un modo per solennizzare alcune particolari celebrazioni - Natale, Pasqua, Pentecoste - ma nella giusta direzione e realizzando la vera solennità,"perché vi partecipa tutto il popolo, secondo le proprie capacità e competenze.
Eseguire musica polifonica, favorendo la partecipazione attraverso l'ascolto. Tale possibilità è offerta, per esempio, dalla processione dei doni o durante la processione alla comunione, oppure come canto di ringraziamento o come canto finale, La corale può eseguire canti in italiano o in latino, polifonici o in gregoriano; l'assemblea può seguire i testi, o semplicemente ascoltare tali brani con raccoglimento.
Con molta originalità M. Veuthey, nel suo libro Il coro cuore dell'assemblea, propone la regola delle tre preposizioni: cantare nel con per l'assemblea.
Cantare nell'assemblea significa sentirsi membri a tutti gli effetti e non più solamente un elemento esteriore. I cantori devono avere la coscienza di essere essi stessi assemblea, parte dell'assemblea. Sarà allora logica conseguenza il cantare con l'assemblea. Ciò vorrà significare sostenere l'assemblea; essendo il coro musicalmente più preparato potrà mantenere il corretto andamento ritmico, l'intonazione precisa, gli attacchi e le conclusioni a tempo, i respiri adeguati.
Un altro metodo di essere con I'assemblea si ottiene anche cantando per primi la frase musicale o il ritornello, che subito dopo dovrà ripetuto dall'assemblea. È una forma di servizio all'assemblea che produce buoni frutti musicali; il coro diventa educatore dell'assemblea fornendo esempi musicalmente di buona qualità.
Infine la corale canta da sola un brano del repertorio, ma sempre nei momenti previsti dal rito. A riguardo, è bene anche introdurre brani di autori contemporanei che, dopo un primo sbandamento, possono apportare una nuova dimensione alla liturgia, offrendo suoni, impasti sonori, forme nuove e originali.
(Antonio Parisi, in "Un cuor solo", Stilo Editrice, 2007, pp. 58-63)
L'assemblea va educata, preparata e seguita; ha i suoi tempi di cammino e di maturazione cristiana e musicale: bisogna tenerne debito conto e mettere in atto una sana pedagogia della gradualità.
Quale è dunque il vero compito di un coro liturgico? Introdurre, sostenere, alternare e animare il canto di tutta I'assemblea.
È il primo compito fondamentale: il coro fornisce un aiuto a livello ritmico e melodico, offre sicurezza e precisione esecutiva. Gli esempi sono numerosi riguardo a tale collaborazione . Penso subito alla grande acclamazione del Santo, che costituisce la conclusione del Prefazio; il sacerdote invita i fedeli «insieme», «a una sola voce» e tutta l'assemblea acclama il Dio tre volte santo. Un unisono di coro e assemblea costituiscono la formula più adeguata e vera per realizzare tale acclamazione. Una eventuale armonizzazione polifonica del coro non dovrà diventare una minaccia per la melodia fondamentale dell'assemblea. Lo stesso avviene per il Padre nostro: non è pensabile che se ne appropri il coro, zittendo I'assemblea, con la motivazione di realizzare un pezzo polifonico d'autore.
In altri casi, la forma più semplice sarà quella del dialogo e dell'alternanza. Per esempio, nel caso del Signore pietà o dell'Agnello di Dio: il popolo risponderà benissimo alla proposta del coro o del solista.
Altro modo di far intervenire I'assemblea riguarda i canti formati da strofa e ritornello: la strofa può benissimo essere eseguita polifonicamente dal coro, mentre l'assemblea risponde col ritornello all'unisono o arricchito da altre voci se il canto è conosciuto bene e non crea alcun problema esecutivo alla stessa assemblea.
Arricchire il canto del'assemblea, intervenendo a più voci, può essere un modo per rendere sempre nuovi e interessanti alcuni canti che altrimenti sarebbero scontati o usuali. È anche un modo per solennizzare alcune particolari celebrazioni - Natale, Pasqua, Pentecoste - ma nella giusta direzione e realizzando la vera solennità,"perché vi partecipa tutto il popolo, secondo le proprie capacità e competenze.
Eseguire musica polifonica, favorendo la partecipazione attraverso l'ascolto. Tale possibilità è offerta, per esempio, dalla processione dei doni o durante la processione alla comunione, oppure come canto di ringraziamento o come canto finale, La corale può eseguire canti in italiano o in latino, polifonici o in gregoriano; l'assemblea può seguire i testi, o semplicemente ascoltare tali brani con raccoglimento.
Con molta originalità M. Veuthey, nel suo libro Il coro cuore dell'assemblea, propone la regola delle tre preposizioni: cantare nel con per l'assemblea.
Cantare nell'assemblea significa sentirsi membri a tutti gli effetti e non più solamente un elemento esteriore. I cantori devono avere la coscienza di essere essi stessi assemblea, parte dell'assemblea. Sarà allora logica conseguenza il cantare con l'assemblea. Ciò vorrà significare sostenere l'assemblea; essendo il coro musicalmente più preparato potrà mantenere il corretto andamento ritmico, l'intonazione precisa, gli attacchi e le conclusioni a tempo, i respiri adeguati.
Un altro metodo di essere con I'assemblea si ottiene anche cantando per primi la frase musicale o il ritornello, che subito dopo dovrà ripetuto dall'assemblea. È una forma di servizio all'assemblea che produce buoni frutti musicali; il coro diventa educatore dell'assemblea fornendo esempi musicalmente di buona qualità.
Infine la corale canta da sola un brano del repertorio, ma sempre nei momenti previsti dal rito. A riguardo, è bene anche introdurre brani di autori contemporanei che, dopo un primo sbandamento, possono apportare una nuova dimensione alla liturgia, offrendo suoni, impasti sonori, forme nuove e originali.
(Antonio Parisi, in "Un cuor solo", Stilo Editrice, 2007, pp. 58-63)