L'inno di lode (1)
Il Gloria è un inno con frasi irregolari e a ritmo libero, non strofico. Non è un inno biblico, fa parte degli inni dei primi secoli. All'inizio non fu pensato per l'Eucaristia, ma come canto di preghiera mattutina, come I'altro inno O luce radiosa era, invece, destinato alla preghiera vespertina. Il Gloria ebbe certamente origine orientale, poi passò in Occidente a poco a poco nella Messa di Natale e, nei secoli X-XI, era ormai abituale in tutte le domeniche e le feste. [...]
Vi è nel Gloria una buona sintesi della storia della salvezza: il Gloria comincia con il canto degli angeli, continua con una serie di lodi al Padre, poi al Cristo con una litania di suppliche e si chiude con una dossologia trinitaria.
Si dovrebbe cantare sempre, o almeno nelle domeniche e nelle feste più importanti, e dovrebbe significare la lode entusiasta di tutto il popolo al suo Signore.
È molto interessante quanto diceva sant'Agostino a proposito di un inno:
L'Inno è cantare la lode di Dio.
Se è lode , e lode di Dio, ma non si canta, non è inno.
Il Gloria fa pane dei canti «che costituiscono un rito o un atto a se stante», ossia non accompagnano né una processione né un gesto, ma sono canti che si cantano per se stessi.
Come realizzarlo il testo è musicato integralmente, tutto di seguito. Ad alcuni può sembrare troppo lungo per poter essere appreso dall'assemblea; ma è una difficoltà che va superata scegliendo melodie cantabili e non troppo elaborate. Per renderlo più agile, è consigliabile alternare le frasi tra assemblea e coro.
È possibile anche utilizzare in latino la melodia gregoriana cosiddetta De angelis, che costituisce il modello più calzante per realizzare tale inno.
Una seconda possibilità: viene musicato integralmente, ma il compositore utilizza più volte la stessa melodia, facilitando così la memorizzazione.
Una terza possibilità: è ripetuto I'inizio del Gloria a mo' di ritornello dopo le tre sezioni; tale soluzione permette all'assemblea di intervenire con facilità, mentre il coro canta tutte le altre parole.
È una soluzione pastoralmente adatta, ma rischia di non evidenziare bene la struttura dell'inno, rendendolo così quasi una canzone con strofe e ritornello. Dovrebbe costituire una soluzione di passaggio, per approdare a un canto vero, così come richiesto dal testo.
(Antonio Parisi, in "Lodate Dio nel suo santuario", Stilo Editrice, 2007, pp. 29-31)
Vi è nel Gloria una buona sintesi della storia della salvezza: il Gloria comincia con il canto degli angeli, continua con una serie di lodi al Padre, poi al Cristo con una litania di suppliche e si chiude con una dossologia trinitaria.
Si dovrebbe cantare sempre, o almeno nelle domeniche e nelle feste più importanti, e dovrebbe significare la lode entusiasta di tutto il popolo al suo Signore.
È molto interessante quanto diceva sant'Agostino a proposito di un inno:
L'Inno è cantare la lode di Dio.
Se è lode , e lode di Dio, ma non si canta, non è inno.
Il Gloria fa pane dei canti «che costituiscono un rito o un atto a se stante», ossia non accompagnano né una processione né un gesto, ma sono canti che si cantano per se stessi.
Come realizzarlo il testo è musicato integralmente, tutto di seguito. Ad alcuni può sembrare troppo lungo per poter essere appreso dall'assemblea; ma è una difficoltà che va superata scegliendo melodie cantabili e non troppo elaborate. Per renderlo più agile, è consigliabile alternare le frasi tra assemblea e coro.
È possibile anche utilizzare in latino la melodia gregoriana cosiddetta De angelis, che costituisce il modello più calzante per realizzare tale inno.
Una seconda possibilità: viene musicato integralmente, ma il compositore utilizza più volte la stessa melodia, facilitando così la memorizzazione.
Una terza possibilità: è ripetuto I'inizio del Gloria a mo' di ritornello dopo le tre sezioni; tale soluzione permette all'assemblea di intervenire con facilità, mentre il coro canta tutte le altre parole.
È una soluzione pastoralmente adatta, ma rischia di non evidenziare bene la struttura dell'inno, rendendolo così quasi una canzone con strofe e ritornello. Dovrebbe costituire una soluzione di passaggio, per approdare a un canto vero, così come richiesto dal testo.
(Antonio Parisi, in "Lodate Dio nel suo santuario", Stilo Editrice, 2007, pp. 29-31)