Agnello di Dio (1)
L'Agnello di Dio è una litania. Pertanto va eseguita con una proposta e una risposta; l'antecedente è cantato dal solista o dal coro, invece la risposta è di tutta l'assemblea. Dice l'OGMR che tale invocazione deve accompagnare la frazione del pane, perciò può essere ripetuta tante volte fino alla conclusione del rito, l'ultima invocazione deve sempre terminare con le parole «dona a noi la pace».
Ancora una considerazione: non è liturgicamente corretto eliminare l'Agnello di Dio e sostituirlo con un canto al rito della pace. Essendo un canto rituale ha la precedenza su qualsiasi altro canto; inoltre le norme del Messale invitano a realizzare tale gesto in modo sobrio e verso chi sta più vicino; pertanto non c'è il tempo per nessun altro canto.
(Antonio Parisi, in "Lodate Dio nel suo santuario", Stilo Editrice, 2007, pp. 86-87)
E' necessario, anzitutto, a tornare a praticare una vera frazione del pane, che abbia una certa durata e che, per questo, necessiti di un canto che accompagna il rito. Malgrado si continui ad insistere sulla sua importanza, il più delle volte questo gesto rimane insignificante. Di conseguenza il canto dell'Agnello di Dio perde il suo senso. Non viene più compreso come canto rituale che accompagna un gesto: diventa un canto fine a sé stesso da eseguire a questo punto della celebrazione solo perché le rubriche lo prevedono. E' necessario dunque ripartire dal valore altamente significativo del gesto della frazione del pane.
Scorrendo i repertori è facile notare che numerosi Agnello di Dio sono stati scritti in forma ternaria non frazionabile (es. NCP 386). Quasi tutti sono abbastanza brevi. Tenuto conto di questo, sarà importante che colui che presiede la celebrazione si preoccupi di adattare il gesto della frazione alla lunghezza del canto.
(Robert Philippe, in Cantare la Liturgia, ELLEDICI, 2003, p. 53)
Ancora una considerazione: non è liturgicamente corretto eliminare l'Agnello di Dio e sostituirlo con un canto al rito della pace. Essendo un canto rituale ha la precedenza su qualsiasi altro canto; inoltre le norme del Messale invitano a realizzare tale gesto in modo sobrio e verso chi sta più vicino; pertanto non c'è il tempo per nessun altro canto.
(Antonio Parisi, in "Lodate Dio nel suo santuario", Stilo Editrice, 2007, pp. 86-87)
E' necessario, anzitutto, a tornare a praticare una vera frazione del pane, che abbia una certa durata e che, per questo, necessiti di un canto che accompagna il rito. Malgrado si continui ad insistere sulla sua importanza, il più delle volte questo gesto rimane insignificante. Di conseguenza il canto dell'Agnello di Dio perde il suo senso. Non viene più compreso come canto rituale che accompagna un gesto: diventa un canto fine a sé stesso da eseguire a questo punto della celebrazione solo perché le rubriche lo prevedono. E' necessario dunque ripartire dal valore altamente significativo del gesto della frazione del pane.
Scorrendo i repertori è facile notare che numerosi Agnello di Dio sono stati scritti in forma ternaria non frazionabile (es. NCP 386). Quasi tutti sono abbastanza brevi. Tenuto conto di questo, sarà importante che colui che presiede la celebrazione si preoccupi di adattare il gesto della frazione alla lunghezza del canto.
(Robert Philippe, in Cantare la Liturgia, ELLEDICI, 2003, p. 53)